Possiamo definire la psicosi una sindrome caratterizzata da deliri (false credenze), allucinazioni (false percezioni sensoriali non condivise dagli altri), distorsione o perdita di contatto con la realtà e comportamento bizzarro, perdita di iniziativa o motivazione, mancanza di interessi, tendenza all’isolamento e al ritiro sociale, deflessione dell’umore, ansia, disturbi del sonno, disturbi dell’attenzione, della concentrazione e della memoria.
Ad oggi l’individuazione mirata di situazioni sottosoglia è ancora una questione controversa.
Se da un lato tali sintomi possono essere i precursori di un disturbo, dall’altro potrebbero essere l’epifenomeno di una condizione di temporanea fragilità e risolversi spontaneamente (sintomi falsi positivi).
A volte gli stili di vita e i comportamenti a rischio in adolescenza potrebbero mettere a rischio la diagnosi di esordio psicotico, altre volte potrebbero indurre a diagnosticare dei falsi positivi.
In una visione prospettica, oggi si fa riferimento al concetto di stato mentale a rischio che identifica una fase in cui sono presenti i primi segnali aspecifici, non percepibili dall’esterno, associati a flessione del tono dell’umore, alla percezione di sé e alla funzionalità corporea, alla tolleranza allo stress, all’organizzazione del pensiero (attenzione, memoria e concentrazione) e alla interazione sociale (sintomi di base).
Ad essi si aggiungono una serie di “sintomi negativi attenuati”, quali: isolamento sociale, diminuita capacità di espressione delle emozioni, modalità di pensiero rigide o semplicistiche, scarsa cura di sé.
Dal 10 al 50% dei giovani di 16 anni riportano almeno 2 sintomi prodromici di psicosi, il 99% va incontro a remissione spontanea ed è stato dimostrato che gli interventi validi e consolidati nel prevenire le ricadute sono gli interventi con i familiari (counseling, psicoeducativi, psicoterapeutici), approcci psicoterapeutici individuali e sul mantenimento del funzionamento sociale.
Dr.ssa Miriam Vitucci
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