Ricevere la diagnosi di Malattia di Alzheimer è un momento decisivo: è come se si venisse timbrati e definiti e rinchiusi in una categoria. Si configura così un prima e un dopo. Prima della
diagnosi c’erano delle cose possibili, dopo, magicamente, quelle medesime cose possibili non lo sono più. Ma una diagnosi come questa è troppo devastante, per chi la riceve, per non determinare
un cambiamento. Dopo, lo spazio e il tempo sembrano trasformarsi, non hanno più lo stesso valore: gli spazi diventano luoghi dove ci si può perdere, il tempo sembra spostarsi in avanti, porta a
cose ancora da venire eppure così reali nella mente della persona, e poi torna indietro, a cose e persone passate che si vorrebbero tenere tenacemente fisse nella memoria ma che si sa che
spariranno e questo pensiero spaventa tanto da impedire quasi di respirare. Anche le persone intorno cambiano: cambiano i loro occhi che si riempiono di paura e incertezza, di desiderio di far
star bene in ogni modo possibile e di impotenza; i loro gesti diventano inquieti, volti a sollevare dalla sofferenza, dal peso di ogni altra responsabilità se non quella di vivere e ricordare il
più a lungo possibile. E allora le relazioni mutano, i ruoli si modificano, avvengono degli spostamenti che spesso sono funzionali ma che possono creare grande disagio e sofferenza.
Nella mia esperienza ho potuto vedere che ogni famiglia ha un suo modo per fronteggiare tutto questo, ma tutte le famiglie hanno una cosa in comune: il bisogno di essere sostenute e accompagnate
in questo percorso.
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